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Maurizio Maggiani Tu sei d'agosto
Qualcuno mi ha spedito questa cartolina da Trento Tu sei d'agosto
Va bene, stammi a sentire. Io sono l’orante, il predicatore, l’ispirato. Sono il moralista, il guardone, sono il casto lascivo. E tu? Tu sei grano, tu sei spigolatrice, tu sei falce, tu sei pura. Io ora sono la corrente d’aria che lenisce, tu sei il sole che non dà tregua. Tu sei implacabile, io riparo. Tu sei viva e ferina, io immagino e cerco di aggiustare. Sono l’accomodante. È per questo che ancora ti parlo. Ti voglio irretire, ti voglio corrompere. Voglio farti settembre. Voglio farti da grano, farina, da Leone, Bilancia. Avrei voluto addomesticarti a un amore. Avrei voluto addolcire la stagione. Avrei voluto insegnarti a posare le tue labbra su di me senza divorarmi. Non c’è stato verso. Ora che sei altrove, ascoltami.
Io sono qui. Sotto casa all’ombra del frassino. Ricordi il frassino? Naturalmente si. Il frassino è mio, piantato da me quindici anni or sono come ferla di un fiore. Il frassino è del tutto inutile, abbiano già concordato su questo. Oltre a non essere un fiore, e a non fiorire in alcun modo significativo -non come le acacie di là dalla strada, non come il biancospino qui dietro, nemmeno come il platano in cima alla salita- il mio frassino non ha nessunissima possibilità di redimersi in un bel tavolo di frassino. Nemmeno in una sedia qualunque. Dato che non ho l’arte della falegnameria a portata di mano, dato che il mercato del legname si svolge lungi da qui, il mio frassino non sarà mai niente. [...] pubblicato in Comunicare 5/2005 |