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Edoardo Sanguineti Vociferazioni I. Il mio nome è A. Sono una scorpioncina. Sto appoggiata, lo vedi, lì alla parete. Sembra che sto in un’isola, piena di vigne. Ma non è un’isola, però. Sto in montagna, ecco. Quell’uomo, quello che mi ha cercato di farmi la sua violenza carnale, quello non si vede. Io, però, ho battuto la terra, con i miei piedi, lì nel vigneto, sopra la collina, la montagnetta. Così, si è fatta una grande fenditura, nella montagnetta, sopra la montagnetta. Si sono spaccate le rocce, quelle due rosa con due creste bianche, e quella bianca, isolata più sotto, che stanno tutte insieme, poi, là in cima, quasi al centro. La fenditura costeggia la capanna, e la risparmia. Poi corre più sotto, dopo. Poi mette a rischio, mi pare, un paio di vendemmiatori. Possono precipitare nelle viscere della terra, quelli, io temo, dentro la montagnetta, sotto la collina. Ma, per ora, non succede niente, ancora. Stanno cercando di scappare, quelli, via, verso levante. Tutti cercano di scappare. Si aggrappano alle viti. E si aggrappano alla loro vita, alle loro vite, piuttosto, intanto. Poi, il grande spacco, che è come una grande ferita terremotosa, come una lunga cascata, non so, cade giù, diritto, colpisce quel giovanotto, che stava lì seduto, forse lavorando, forse riposando, non lo capisco bene. E poi colpisce la mia amica, le fa come un taglio in testa, la bagna. Perché, ormai, non è più voragine. È una molle cascata di acque verdastre, davvero, soltanto, con tutti i riflessi dei pampani, lì nelle sue onde. La mia amica ha un vestito scarlatto, e sta giù, in ginocchio. Con la sua mano sinistra, mi porge un piatto pieno di uva. Guarda a ponente, per guardare me. Con la destra, cauta, tasta l’acqua. Forse, adesso, vuole assaggiarla. Ma controlla la temperatura, prima. Vuole vedere, si vede, se è gelida, l’acqua, se è bollente. Non si sa mai. È acqua del sottosuolo, è acqua prodigiosamente affiorata. L’aspirante violentatore, forse l’ho già detto, non si vede. Forse è un serial killer, semplicemente. Forse è un mezzo serial killer, più semplicemente ancora. E forse è scappato oltre i monti, e si è nascosto dietro una colonnina, così, che è quella che segna il confine. Forse, come tanti criminali, cerca riparo in una città, per sparire nella grande folla. In una città, è vero, un delitto sparisce. Ma lui, che è un cacciatore di frodo, suppongo, si mescola, intanto, lo so, con quelli lassù lassù, che stanno cacciando un orso, se vedo bene. Ma io sono salva, però, ormai. Io sto bene. Ho un bel cappello, in testa. È quasi una coroncina traforata, filigranata, argentata. [...] pubblicato in Comunicare 5/2005 |